per quelli che/costruirsi una guida per Zurigo

12 11 2010

(E soprattutto per Fru)

Zutaten

Vorbereitung

  1. Ordinare un City Notebook Zürich dallo store Moleskine (15,50 €).
  2. Selezionare i post dal blog di Zurigo Turismo con tutte le dritte su luoghi da visitare, eventi da non perdere, vie dello shopping e contatti che vi interessano.
  3. Importare i post sull’MSK suddivisi per tipologia (potete scegliervi il template che preferite), stampare, ritagliare e incollare tra le pagine del vostro City Notebook ricco di informazioni su Zurigo. Se non avete capito come, guardate il video.
  4. Prenotare un biglietto per Zurigo, la Zürich Card e l’hotel con Zurigo Turismo, ricevendo un buono omaggio di 100 CHF per fare shopping alla Manor.
  5. Mandarci una cartolina con tanti saluti in svizzerduccio.




per quelli che/trasferirsi a Zurigo

4 11 2010

ci pensano da tanto, ci pensano da poco, non ci avevano mai pensato, o forse come noi si sono semplicemente innamorati di uno svizzero di Zurigo e poi non ci hanno potuto fare nulla, e soprattutto per la nostra cara Fru che ce la sta facendo, abbiamo ritrovato una comoda guida per vivere e lavorare a Zurigo da immigrati che vi farà molto comodo.

Per quelli come noi, che studiano e studiano e galoppano ancora sull’A2, riproponiamo i podcast gratuiti in tedesco e svizzero tedesco che ci accompagnano in tanti viaggi in treno, o la sera quando stanchissimi ci rifugiamo, e sveniamo di sonno mentre la signorina della Scuola Club Migros ci sfinisce di parole.

Per quelli che vogliono parlare di Svizzera ma ancora non parlano lo svizzero (tedesco) proponiamo l’English Forum Switzerland, dove con l’inglese ve la caverete benissimo a capire le prime cose su questa bellissima città.

Per quelli che non la conoscono ancora e ci si vorrebbero già orientare come locali, consigliamo tutte le applicazioni iPhone di Svizzera Turismo, che, ammettiamolo, sono le applicazioni più belle e gradevoli da usare che si siano mai viste in giro (e questo lo diciamo con serissima cognizione di causa).

Per quelli che cercano un lavoro e vogliono partire dalla rete straconsigliamo Jobs.ch, che vi offre un servizio eccezionale di Job DNA che vi serve per conoscervi meglio dal punto di vista professionale anche se un lavoro non lo state cercando. E che se siete in movimento vi offre la comodissima applicazione iPhone per non perdervi più un’offerta di lavoro.

Per quelli che prima di sapere che gli piace vogliono saperne di più, imperdibile è il blog di Zurigo Turismo, che di informazioni utili ve ne da ogni giorno e per tutti i gusti.

Per quelli che prima di partire vogliono sapere se è vero che Zurigo è cara (e se siete italiani cara vi sembrerà parecchio) abbiamo Expatistan, che vi darà indicazioni precisissime su come spenderete i vostri soldi tra queste strade.

Per tutti quelli che vengono da sud e vogliono sapere come si troveranno, prima di dire che gli svizzeri sono freddi e le città piccole e alle 6 si cena e alle 10 si dorme, consigliamo un serio esame di coscienza prima di andare dove non vorrebbero stare.

Per quelli che invece come noi ci si dedicano, di consigli su luoghi, cibi, locali, percorsi ne abbiamo a volontà, e non vediamo l’ora di darveli. Dateci il vostro numero e ci vediamo in stazione.

 





le cronache chiare/mathias+nina

24 02 2010

Erano sopra Zurigo quando successe.

Lo sentì lui, lei dormiva, completamente poggiata sulla sua spalla, con l’espressione sul viso di chi ancora conosce, il dormire pesante del senza pensieri, la tranquillitudine.

Successe in un attimo ch’era in altri pensieri, irreversibilmente perduto nei conti da pagare, le faccende di domani, l’ingerenza degli altri.

Sentire quella piccola testa sulla spalla, il profumo del balsamo che lei non sapendolo gli spargeva alle spalle, a fine serata e al termine, delle attese pazienti per le parti restanti.

Fu allora, che trovandosi in coda lo sentì pur più forte, degli altri, e guardandosi intorno dovette accettarvi d’esservi solo, che altruni se c’erano si trovavano inconsciamente presi dai propri sonni.

Mathias si trovò distintamente sdraiato dentro le proprie paure, al sobbalzo inatteso che l’aereo spostandosi in vuoto scaricò su di lui, e su di lui solamente.

Fu allora, soltanto allora che che ebbe ad ammetterlo, che in fondo preferiva morirne per sbaglio che sopravviverle in solo.

Berlino-Zurigo, 22 febbraio 2010.





sapete

23 02 2010

come siamo, oramai, continuando a seguirci.

Abbiamo aperto questo blog tempo fa, non in tempo ma in tempi, decisamente diversi, e diversi sono stati i motivi che a queste pagine ci hanno incollato, ma uno, uno rimane qui a portarcici, e a portarvi voi speriamo.

Avvicinandoci alla Svizzera in anni e ambiti l’abbiamo scovata, preziosamente nascosta tra le sue montagne, a non attenderci. E volerla l’abbiam voluta, sinceramente, di cuore in cuore amandone la cultura, le idee e più che mai la gente di ogni strada che gentilmente ci ha accompagnato, parlandoci nella nostra e in tutte le altre lingue, provandoci.

La civiltà, che troppo spesso non vediamo in altri dove.

E non perchè, come disse qualcuno sbagliandosi, siamo persone negative, ma perchè la stessa persona ci ha poi illuminato sui seguiti, e seguitandoci da torta parte ci ha illuminati sulle umane profondità.

Se siete come noi, solo se lo siete, se l’amore per questo paese nulla ha a che vederne colla materia, contattaceci. Vogliamo segnalarvi incontri e monti, di buone notizie, di luoghi che a esserci bisogna entrarci, in tale Svizzera interna che sinceramente, amiamo.

Scriveteci.





è una giornata

7 12 2009

di quelle uggiose, a Zurigo, che si portano via qualche ombrello sotto la pioggia.

Noi vi scriviamo dal My Place, in pieno centro, dove sorseggiamo una cioccolata e rimaniamo in attesa, di una passeggiata nel pomeriggio, in serata anche, ai mercatini di Natale.

Certo, potremmo comprare qui qualche oggetto di design, il tavolino e la sedia da cui scriviamo, la piccola lampada blu poggiata nell’angolo accanto alle due studentesse che chiacchierano del prossimo esame.

Tutto è in vendita, e tutto, piacevolmente in movimento.

La connessione wi-fi, invece, è gratis. Per la prima mezz’ora, poi al prezzo popolarissimo di 5 CHF/1 h e 7 CHF/2 h.

Beh, se siete da queste parti, entrate, il caffè ve lo offriamo noi.

My Place, Design&Coffee Shop, Hottingerstrasse 4, Zürich, 12:18.





sotto a chi tocca

17 09 2009

E ci tocca, sì, ci tocca proprio nel profondo che qualcuno s’avventuri in luoghi che abbiamo pioneristicamente sperimentato al momento del no grazie, in cui il resto e il rasta si sono palesemente disinteressati e silenziosamente allontanati verso la più trendy delle location. Ci tocca per esser stati qui quando nessuno ci voleva essere, a cogliere momenti e menti, meravigliosissime sfumature svizzere delle più sconosciute.

Ci tocca particolarmente, visionare elvetiche iniziative da web 2.0 e rilanci, di una città delle più belle al mondo e non esageriamo, quale la nostr’amata Zurigo che semplicemente splende, e di noiosità diffamantemente diffuse si beffa, e di costi eccessivi, come dire, anche.

Così è che vi proponiamo l’iniziativa di tali impavidi che vi presentano, e noi ve li presentiamo, trucchi e tacchi di una Zurigo low cost che non rinuncia a niente, e a non rinunciarvi vi invitiamo noi.

Ve li trovate qui a raccontarvi in un illustrissimo diario di viaggi e noleggi, e cioccolate tutte che lentamente si rapprendevano.

E riprendevano anche, in foto e video che vi anticiperanno, e sedurranno a seguirli.

E seguiteli anche, questa sera, dalle 21 alle 22 su Radionation, a Web ‘oClock, da dove li seguiremo noi, da queste sponde del lago di Lugano.

Salutiamo Zio Burp, Foxarts, Kika 13, Roiability e Trisolino.

E un augurio va a Isabella, che lei si che ce la fa, a sposare uno svizzero.





le cronache chiare/johanna/epilogo

13 09 2009

E a Johanna bastò un minuto, uno soltanto per riconoscerlo. Lo riconobbe negli occhi lievemente allungati verso il basso che si muovevano di un desiderio involuto di riconoscimento che non doveva essere mai arrivato, nella delicatezza stravagante dei modi, nella ricerca quasi mascherata di un qualcosa d’imprecisabile, per il resto degli altri, forse, non per lei che lo guardava dal basso verso l’alto vedendone ognuno dei dettagli accuratamente coltivati per piacere a se stesso nelle lunghe chiacchierate di fronte allo specchio del salotto, il salotto in cui sua moglie doveva distribuire i libri un po’ qua un po’ là a mo’ di ventaglio per ravvivare un animo artistico che a far faville non aveva mai cominciato. Gli restituì uno sguardo vuoto e spaventato abbozzando un sorriso di salvaguardia, domandandosi la via migliore di fuga da quale lato doveva passare, e decantando il male ne studiava abilmente, sommessamente le strategie. Lui si muoveva nell’abitacolo lentamente, le mani avvolte in guanti di pelle e l’orgoglio caricato delle glorie giustamente attese, sforzandosi di rappresentarsi persino a se stesso, come la spalla su cui poggiare, nell’incertezza. Fabius non era mai stato nulla del genere, nè nulla di vagamente diverso dal solito, che non fosse banalmente rappresentabile nel metro palesemente sbagliato e taciuto di una poesiola da sabato pomeriggio sul balcone del lago, a conquistare la noia e stravolgerla nel piccolo piacere privato degli incompresi, e potersi poi lamentare un poco verso il tramonto, inutilmente. Nulla, null’altro che lei non potesse chiaramente distinguere in un’ombra inutile di nulla e camicie ben stirate, e frasi riprodotte dai migliori poemi, a ingannare sull’incostistenza dell’animo, di sotto i pantaloni. Lei non ebbe alcun dubbio, sentendolo pronunciare a bassa voce parole per se stesso, mentre la strada verso l’ospedale sembrava moltiplicarsi in un susseguirsi di lucine che evidenziavano passaggi di poca importanza, squalificandoli. Johanna si chiedeva in quale vita lui volesse condurla, e per quale strada che lei non avesse già accuratamente evitato per averla prevista in abbozzi di futuro da domenica pomeriggio con le zie del the, quelle che ce la mettevano tutta a indurla a ripetere gli stessi errori delle donne precedenti, senza un’opzione di scelta, un’opzione per sbaglio. E per sbaglio era successo a lei, di tramutarsi precisamente in tutto quanto aveva cercato di raggirare con la delicatezza calcolatrice che poi cade in un fosso, per noncuranza. E noncurante aveva finito per essere alla fine di tutto, quando aveva lasciato Daniel da solo a cercare di cavarsela personalmente in quello che sarebbe stato il suo primo aggrappo solitario a un sostituto inadeguato cui molti altri ne sarebbero seguiti. E in avanti seguitava lui, a parlare col suo uditorio immaginario sugli sbagli che si possono fare, quelli di cui non siamo colpevoli, e il resto, tentando di falsare il piacere con cui soleva ascoltare la propria voce, come in un’ubriacatura leggera che trova il massimo sfogo in un certo numero di bicchieri, adeguatamente.
E adeguatamente stordita fu lei, di troppo dolore e parole, che mescolandosi in fondo al bicchiere le restituivano il senso delle solitudini umane, e le interminabili ricerche che durano tutta una vita e di vita in vita sorpassano le generazioni, in un’alienazione gratuita impossibile da giudicare, tra il senno di poi e il senno di mai, le incomprensioni.
Fino a che dal fondo di un sedile sconosciuto, di un cuore intento alla scoperta di una certezza d’avere o non avere, gratificazioni di rilancio e tuoni in salita, stoppati dal rumore di un cuscino che cade, sfinita di dolore e delusioni d’aspettative non richieste, si alzò lei, al movimento lento di una portiera che s’apre e iniziò a incamminarsi, nella strada personale dell’incomprensione accettata, lasciandolo in silenzio alla ricerca di un pubblico.





le cronache chiare/johanna/capitolo/2

12 09 2009

E la fine non lo era di certo, ma piuttosto l’inizio. L’inizio del movimento di lui, che vedendola cadere dimenticava la paura in un minuto, anche meno, riscattandosi senz’averlo veramente preteso da un corpo sapientemente allevato di ricerche incessanti al minuto di gloria e figure retoriche, come pozzanghere di vuoti perdute nei cerchi e null’altro che potesse veramente arrivare. E invece era arrivato, facendosi strada con toni apparentemente pacati e formali tra gli amici di lei, che la circondavano senza comprendere, e per aver già molte volte compreso, rinunciato a pregare, non un dio, certo, che non si era presentato per tutte le altre colazioni conclusesi a sguardi persi nel vuoto di giorni di fame e di sete, ma almeno una possibilità, una pattuglia di passaggio che notasse la cosa e si sforzasse a reagire, per non dovervi assistere stringendosi a una di quelle morti nuove che colpiscono puntualmente i novellini, o almeno la parte più debole di essi, che parteciparvi era un po’ perdere un figlio, che per giorni e giorni non si parla d’altro nella place, di quello che avrebbe potuto essere, e la vita che non fa distinzioni, e che avesse preso uno di noi semmai, che ormai la nostra di lacrime e cartoni, e stracci lordi per accompagnamento l’avevamo fatta, e fatta malamente anche. E invece che non c’era dato alcun accenno di possibilità di scelta, di pianto semmai, e pianto di nascosto dalle altre vite che contemporaneamente scorrono, e si muovono di diritti dovuti nella pretesa apparentemente innegabile di paci quotidianamente imprecisatamente conquistate. E a scegliere in quel momento fu lui, non potendo essere lei, e scelse di prendere Johanna con sè simulandosi capo reparto fuori servizio che doveva aver mandato la provvidenza, che forse questa ragazza un angelo ce l’aveva, da qualche parte, a riscaldarla da dentro i cartoni.
Fu così che Fabius si trovò solo con se stesso in compagnia del panico, senza sapere precisamente come vi fosse arrivato nè cosa stesse facendo, e accese l’auto per metterli a tacere, blindati dal rumore autoritario di un motore che parte per arrivare laddove, i mille pensieri che lo avvinghiavano stringendolo fortemente alla gola in una lotta improvvisata che gli toglieva il fiato e gli colorava del colore della vergogna le guance e pure il collo, e tra tutti soffocante era il pensiero di Sabrina che si faceva strada nelle forme morbide e rotonde e appena abbozzate nella sua mente, che lo aspettava inutilmente nel letto nuziale nel tentativo svogliato di ingannarsi di lettura, immersa in uno di quei romanzi d’amore che lui gli aveva regalato a consolazione, come un sostituto non richiesto di qualcosa d’altro che non avrebbe potuto offrirgli e lo sapeva, e si chiedeva se a saperlo fosse anche lei. E il tempo non ci fu di aver risposta, che a chiedere qualcosa fu lei, che iniziava a muoversi dal sedile posteriore cercandosi a tentoni la forza di reagire, e al reagire di lui, che voltandosi le vide gli occhi dolorosamente contratti in uno spasmo conclusivo che ignorava ogni sguardo, ogni sospiro rubato, ogni inquietudine, per aver d’inquietudine in morte fatto l’abitudine, e perduto conoscenza delle cose di cielo, che troppo aveva conosciuto quelle di strada. Così che intravedendola nella sua piccola dimensione di dolore rimandato e consolazioni mai ricevute tra i ferri freddi di una panchina allestita, Fabius perdette ogni accenno di forza, e fermandosi il cuore e la mente in un attimo coscientemente isolato, tenutosi stretto per aver atteso troppo lungamente, di una cosa che fosse solo sua e sua soltanto, in una scelta volutamente poco educata e inevitabilmente forzata, fermò testa e cuore in un minuto di silenzio e spinse oltraggiosamente il desiderio in una mano poco abituata a cercare le strade di lei, e si allungò in forma di carezza rubata su quei capelli rossi sporcati di notti all’aperto e sudori di strada.





le cronache chiare/johanna/capitolo/1

6 09 2009

L’ultima settimana d’agosto arrivò a Fabius lentamente, in un susseguirsi di certezze parzialmente richieste, non veramente volute, sul versante est della spiaggia di Lignano Sabbiadoro, Italia.
Fu così che lui si accorse di aver pensato a lei per ogni pomeriggio di solitudini cercate dentro il profondo dell’anima, in un estraniamento della realtà di cui era maestro indiscusso, come indiscutibile era l’involontà di confessarlo a se stesso, che sì, la passione giovanile per la letteratura doveva averlo irrimediabilmente alterato, nelle percezioni almeno, e su troppi romanzi felici aveva costruito la propria esigente infelicità di delusioni e terrori, per una vita che lo aveva ingannato con aspettative quasi realistiche in fondo, mossesi con il ritmo lento e costante di un verme solitario che silenziosamente s’ingrassa tre volte al giorno d’insicurezze.
Tre volte al giorno lei non mangiava, di certo, ma lui si accorse di non averci mai pensato prima, prima d’esser tornato indietro a cercarla alla sera del nuovo lunedì in cui rientrava a lavoro, ventuno giorni e otto ore dopo, per non averla trovata al mattino. Così che si attardava nel bar di fronte in un’impropria colazione prematura non preventivata, senza nemmeno riuscire a percepire il sapore del gipfel che ingoiava di morsi rapidi e difficili per eccesso d’angoscia, nel tentativo inesperto di spingere in giù anche il terrore di una sua improvvisa scomparsa e di cosa farne dell’abitudine indirizzata, che lei era oramai parte di lui inconsapevolmente, avendolo accompagnato per mano mentre s’attardava in un’inutile estate di tempo addomesticato e perduto senza sapere, quanto ne aveva ancora nell’albo dei giorni immaginati e mai veramente vissuti. E vissuto finse di esserlo per davvero, per un eventuale incontro quasi accidentale con lei che dopo due ore non si era ancora presentata all’appuntamento che lui le aveva fissato, lasciandolo sconfitto nella sua recita privata in automobile, fino al momento del termine, in cui Sabrina avrebbe iniziato a domandarsi, e si concluse a rincasare prendendo una birra al chiosco del kebab dall’altro lato della strada per poter dire alla moglie che sì, con Arnaud era andata bene, cioè bene normale, e che avevano passato una serata tra amici a parlare di hockey e di niente in una di quelle sere in cui tanto non ti saresti divertita, e no, non perchè lui si era appena separato, ma che poi in fondo è qui che si vede l’importanza dell’avere una famiglia, per le certezze apparentemente ininterrotte del rincasare. E a rincasare Johanna non ci aveva pensato proprio, in quella sera di poco prima in cui si era accorta di non poter più nascondere la gravidanza e nemmeno di poterla mostrare. Aveva deciso bruscamente, come per ogni giornata precedente, quello che sarebbe stato il corso dei giorni abilmente manipolati dalle emozioni primarie. E primariamente aveva rinunciato a tutto per non poter rinunciare ad una cosa, alle conseguenze dell’amore accudito e assecondato che aveva trovato in lei tutte le porte aperte e vi era entrato senza bussare.
E chiusa era invece la porta di Sabrina, che non riusciva a dormire quella notte per un senso indecifrabile di vuoto che aveva percepito nel rituale delle continue non chiacchierate con il marito, sentendosi sola come una foglia ai primi di settembre che inizia a sentire il sapore del futuro dietro la porta, in una casa di quattro persone e quarantotto piatti quotidiani da lavare in silenzio. Lui non se ne era accorto nemmeno, completamente immerso dentro l’unico amore che era capace di provare, quello per se stesso, completamente imbevuto di monologhi e autoerotismi, e qualche manciata d’inutili cianfrusaglie che gli regalavano il senso del niente. Al niente lei si era nel frattempo abituata, inciampando solo di tanto in tanto in evocazioni romanzate ai suoi stessi occhi, che non facevano che aumentarle quella fitta quasi inspiegabile sul seno, che lui dovette notare la sera del giorno in cui finalmente la rivide al solito posto di prima, solito nei suoi pensieri, perlomeno. Era bella di una bellezza più pulita dell’ultima volta, se ne era accorto subito, confrontandola con l’immagine sbiadita che aveva ripetutamente richiamato alla mente nei pomeriggi di lavoro davanti al computer, lui che pulito non era ma che comunque si raccontava molto bene. Così che lui la guardava quasi negli occhi mentre lei raccontava agli altri di un nuovo locale che aveva aperto nella Niederdorf, dall’altra parte del lago, verso la Hauptbahnhof, e che lasciava una quantità imprecisabile di ottimi avanzi tra cui rovistare, e che lei stessa vi era stata in questa sere, e che avrebbero dovuto tornarci tutti insieme, come a una tavola improvvisata, cercando un senso immaginario di famiglia che si era perduto nelle notti di mille romanzi da ingoiare a stomaco vuoto. Fu così che mentre parlava cercava di contrattare una pausa con quel dolore insistente che le chiedeva più d’una spiegazione a cui lei rispondeva con un accennato sorriso di copertura sforzandosi fino a sfinirsi, e la fine vide lui nei suoi occhi vedendola accasciarsi irrimediabilmente ai piedi impietosi di una panchina di strada.





le cronache chiare/johanna/prologo

5 09 2009

Vide Johanna in una caldissima giornata di fin’estate, cosa doveva essere, l’ultima settimana, l’ultimo giorno di lavoro forse, non lo sapeva con certezza. Lei non lo vide. Lui la guardò una prima volta attratto dai capelli rossi, senz’aver capito dove veramente si trovasse, e una seconda, simulando una lettura impropria di messaggio mai arrivatogli sul natel. Poi si voltò una terza volta, nel tentativo di memorizzarne l’attimo, il luogo perlopiù, per poterci tornare liberamente col pensiero nelle prossime due o tre sere di discussioni che l’attendevano con la moglie su questo o quel costume da bagno da mettere in valigia e la cellulite che era inspiegabilmente aumentata di sotto i pantaloni, e i bambini che hanno bisogno di aria nuova e anche il cane Jones che ultimamente è un po’ nervoso e non sappiamo come fare e il cerchio di una quotidianità incertamente, noiosamente respinta, nel tentativo inutile di scovare un attimo di solitudine privata in fondo alla tazza che non si faceva mai trovare.

Così che quella sera, mentre Sabrina consumava in un’ignara solitudine di fronte allo specchio della camera da letto il rito lungamente atteso delle molteplici verifiche di conservazioni più o meno riuscite di bellezze presunte, lui rispose senza darsene conto che sì, quello rosso era certamente perfetto,  per la nuovissima estate spaventosamente ricalcata sulle precedenti. Fu così che la rivide, nello stesso gesto timido del mattino, nell’acconciarsi i capelli che le si rovesciavano insistentemente contro gli occhi. Indossava un cardigan di molte giornate quasi pulite sopra una di quelle ex t-shirt di qualche marca nota che ora lui proprio non riusciva a ricordare. Lei doveva ricordarla per forza, o almeno per leggerezza di passioni precedenti, le passioni che ora vagamente ricordava con un accenno di nostalgia malcelata in una di quelle chiacchierate alterate che odoravano di vino nel cartone, ed inquietudini. Lui pensava che non poteva essere una di loro, loro che vedeva tutti i giorni nei passi lenti e annoiati verso il suo ufficio, senza vederli. Lei sapeva di far parte di loro senz’averlo scelto veramente, per non aver saputo attendere i tempi della ragione maturata, in una eventualità che era emersa dalla polvere delle conseguenze inattese. Così evocava di nascosto nelle notti dei primi venti il tempo felice del conservatorio e la passione smisurata per Adelbert, l’insegnante di pianoforte appena giunto da München, Germania dell’Ovest, che le aveva lasciato in dono le prime nausee del mattino, e quel gesto che ripeteva con la mano senz’avvedersene, come a spingere l’aria di note, cercando una sinfonia che non avrebbe più trovato. Così come il piccolo Daniel, che aveva abbandonato all’UniversitätsSpital, Zürich, in una notte di disperazione e pioggia, quando riconobbe nei suoi piccoli occhi blu quelli di lui pieni delle prossime domande per gli anni a venire a cui non avrebbe saputo o voluto rispondere, e di questo era certissima, era, già ora non le sembrava poi così difficile. E difficile, difficile sarebbe certamente stato per lui indovinarlo nell’unico indizio dell’altra mano appena poggiata sul seno rigonfio a coprire il dolore, quello fisico almeno, che al vuoto del cuore non bastavano tre cartoni di quello rosso a riempirlo, tre poi per ipotesi, che alla Mythen-Quai, conosciuta come la rue clochard, di vino non ne girava più di due cartoni a sera, che con le ronde della polizia nemmeno il dolore aveva libertà di circolare.